Chi pratica karate sente dire spesso la parola oss
(che si pronuncia in questo modo ma si scrive osu).
Lo si sente dire piano e anche in tono energico, volendo significare più cose che vanno dal saluto, al commiato, al grazie o ad un segno di comprensione durante una spiegazione del Maestro.
Non importa come o quando viene detto, tuttavia osu afferma una delle lezioni più importanti del karate e della vita che purtroppo non molti comprendono o forse talvolta disprezzano.
Originariamente si tratta dell'abbreviazione del termine "ohayō gozaimasu" (equivalente al nostro"buongiorno"), o del termine onegai shimasu "oss", tradotto è "onorato di imparare con voi".
Osu è dunque, un impegno morale a far sempre del proprio meglio e a perseverare.
L'idea di perseveranza dei giapponesi comprende quindi, il rimanere in silenzio, anche se il cuore viene passato da una lama.
Chissà come mai, chi è umile spesso è vero Maestro nella vita o nel dojo. Nel karate vediamo uomini che praticano nel loro silenzio, sono uomini riservati ed umili, hanno devoluto anni al loro lavoro, sono esperti e tutto ciò è inconfutabile.
Nelle nostre società moderne visioni come queste ci appaiono talvolta anacronistiche e poco realistiche.